Se non sei un talento dovresti andarne comunque fiero

Talenti per l'Impresa
Un po’ di tempo fa ho partecipato a un bando di concorso: Talenti per l’Impresa. Un’iniziativa che mi è parsa molto interessante perché prospettava l’acquisizione di quegli strumenti indispensabili per chi vorrebbe mettersi a fare impresa. Poiché conosco vagamente il significato di un business plan e ignoro totalmente gli aspetti burocratici piuttosto che i criteri di ordine economico per valutare un progetto, ho pensato mi potesse essere molto utile perché qualche idea in testa ce l’ho. Già ve lo dico: questa storia non ha un lieto fine. Qualche giorno fa la mia ragazza, curiosando per altre cose, mi ha segnalato la graduatoria dei candidati che hanno passato la pre-selezione e il mio nome non era nella lista (e come avrete intuito nemmeno nella mailing list: a quanto pare l’austerità ha colpito anche le e-mail). Non posso certo dire che ne fossi contento, ma la delusione faceva parte dei rischi – come in ogni cosa – e l’ho accettata insieme a tutto il pacchetto che la speranza d’essere preso mi ha portato. D’altra parte non è il mio primo buco nell’acqua. Posso quindi affermare di averla presa abbastanza bene. Mi sono detto che avrei fatto altro: ho perso un’opportunità, ma ne avrei trovata qualcun’altra. Può capitare per esempio di dovere scegliere tra due strade e, nonostante non si possa andare per la via scelta, in quella in cui siamo costretti a procedere troviamo magari un bel centone per terra. Ecco, a me non è mai successo, ma era per dire.
Per esprimere ciò che provavo in quel momento, ho fatto quello che ogni buon tossicodipendente da Facebook farebbe: ho aggiornato il mio stato. A dire il vero, ciò che ho scritto non è frutto di una totale impulsività: è una di quelle frasi che si formulano piano piano nella testa; le lasci lì, in qualche angolo delle sinapsi finché un evento scatenante non fornisce l’energia sufficiente per concretizzarle da pensiero astratto in parole veicolanti un messaggio. Tipo il mostro di Frankenstein per intenderci. Prima è un bricolage di pezzi inconsistenti tra loro, ma poi, con la potenza del fulmine, acquistano forza e vita propria. Così m’è successo e questo ho scritto:

Il numero dei nostri fallimenti è la più genuina misura del nostro impegno. Dovremmo andarne fieri.

D’effetto eh? Ok, detta così senza un minimo di contesto potrebbe sembrare un elogio di coloro che collezionano insuccessi. Ed è proprio così in effetti, ma non di tutti loro. Di quelli che nonostante tutto non demordono e insistono, perdendosi d’animo quel poco che basta per evitare di abbassare le maniche. Ho quindi cercato, più che altro, di incoraggiarmi davanti allo specchio di me stesso perché l’impegno è l’arma segreta per il successo, credo. E siccome non occorre un porto d’armi per questo… mani in alto!

3 thoughts on “Se non sei un talento dovresti andarne comunque fiero

  1. La frase non è solo d’effetto, ma grande verità. Purtroppo la conclusione non le rende giustizia (sembra proprio un elogio del fallimento).
    Modestamente suggerirei l’introduzione di un semplice “comunque” per ribaltare il senso finale, da elogio rassegnato a stimolo: Dovremmo comunque andarne fieri.
    Buon Anno :-)

    • Innanzitutto: buon anno a te Bruno!
      Ti ringrazio della gentile osservazione: in effetti, lasciando la frase a sé stessa, si può interpretare anche così. Mea culpa: ho preferito l’incisività alla limpidezza. Diciamo che mi sono tutelato con il titolo e “il foglio delle istruzioni” che ho scritto dopo ;)

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